Ci
lasciamo trascinare senza una meta precisa, l’atmosfera retrò delle case
coloniali, l’acciottolato e i
cortili con giardini e fontane ci ricordano Trinidad, anche se qui non manca
davvero niente e la città è molto più grande e ben tenuta. Incontriamo di
nuovo il duo Vincenzo-Benoit. Dopo avere fatto uno spuntino nel bellissimo Cafè
Condesa, dove vediamo i quadri di Beatrice
Rizzo che poi prenderemo per i loro colori, andiamo alla sede della polizia
turistica per prendere la scorta per il cimitero. Anche se siamo andati su
consiglio della guida, la visita non vale la pena: bianche tombe monumentali si
susseguono tra vialetti anonimi da cui ci aspettiamo da un momento all’altro
che escano i banditi (magari ci fosse qualcosa a movimentare!!) …ma niente!
Torniamo in hotel per un riposino prima di cena. Ceniamo allo splendido
ristorante La Fonda de la Calle Real (160
Q) dove assaporiamo il famoso Caldo Real e
il queso fundido. Dopo cena ci
intratteniamo con i nostri amici rincontrati al ristorante. Verso le 10.00
cominciano a sparecchiare e chiudono il portone: capiamo di dovercene andare.
Siamo da soli per strada, non abbiamo paura, ma le storie che abbiamo sentito
sul Guatemala ci mettono un poco in apprensione e affrettiamo il passo. (31/12)
Ci alziamo con comodo. Vado a pagare la camera e il tizio dell’hotel mi gioca
un brutto tiro, al telefono mi aveva detto 160 Q a notte e adesso me ne chiede
200. Protesto ma è irremovibile, accampa delle scuse quali la tassa turistica e
l’I.V.A. al chè gli faccio
notare che i prezzi fino ad ora ce li hanno sempre detti tutto incluso. Niente
da fare, credo proprio di essere stato fregato, tra l’altro non è affatto una
persona gentile (uno dei pochi in Guatemala). Dopo una buona colazione alla Panificadora
Colombia, prenotiamo il bus di prima classe per Panajachel per domani (35 Q
a testa). Passiamo la giornata visitando questa fantastica città e le sue
chiese terremotate, tra cui la cattedrale, dove ci facciamo “infinocchiare”
da un tizio che si propone come guida. È molto gentile e ci spiega delle cose
interessanti, ci dice tra l’altro che dobbiamo assolutamente andare a visitare
l’Hotel Casa Santo Domingo (“è
come andare a Roma e non andare in Vaticano” sono le sue parole). L’albergo
è all’interno di un convento seicentesco, una grossa parte è aperta anche ai
turisti, c’è una splendida piscina e giardini con pappagalli in libertà. In
effetti è un posto davvero magico… notiamo che la reception è l’antico
altare della chiesa del convento e poi candele e affreschi e ornamenti che
conferiscono al tutto un’atmosfera intimistica e ti viene voglia di non andare
via mai più…. impossibile non desiderare di essere fra gli ospiti di questa
meraviglia, ma purtroppo non è per le nostre tasche e, che ci piaccia o no,
dopo esserci lasciati per un po’ inebriare da tanta bellezza, ce ne andiamo.
Percorriamo ancora a lungo le strade della città, ci soffermiamo dove capita,
dove il nostro sguardo è attratto, o il nostro orecchio, o il nostro naso…..
ci sono due ballerini di salsa che stanno provando in un cortile, qui ad Antigua
si può venire anche solo per una settimana a studiare salsa o lingua spagnola e
sono molte le scuole che offrono pacchetti ai turisti di questo genere. Ci
sediamo nella piazza centrale a riposare e prendere un po’ di sole, leggiamo
qualche pagina di un libro….. stanno preparando Calle dell’Arco per la serata, ci sono palchi si cui
rappresentano stralci di vangelo e strani soggetti mascherati che danzano,
crediamo che questa danza sia una sorta di canzonatura degli spagnoli
conquistatori….. tutto lascia presumere che questa sera ci sarà una grande
festa, ma rimarremo delusi, in effetti qui fanno tutti molta cagnara ma al
momento buono si ritirano, lasciando tutti i turisti a bocca asciutta. Qualche
minuto dopo lo scoccare della mezzanotte, come in un battibaleno, i palchi non
ci sono più e tutta quella gran folla è dispersa.. solo orde di turisti
affamati di locali in cui fare tardi, ma i locali non ci sono e non si può fare
altro che andarsene a dormire. Ceniamo di nuovo alla Fonda, non siamo soli ma
……. sì, sempre loro, si è aggiunta Irene, la svizzera di Livingston, che
non ne può più di stare sola e si aggrega alla compagnia, che a dire il vero
lascia un po’ a desiderare, non è che sia molto brillante, ma in fondo ci
permette di scambiare qualche parola anche a noi e la cosa non ci dispiace. Dopo
aver cenato ci inoltriamo tra la folla, c’è molta gente che festeggia, Irene
suggerisce di andare a vedere i fuochi della mezzanotte sulla terrazza della
splendida Posada di Don Rodrigo e non ha una brutta pensata soprattutto alla
luce del fatto che qui sono tutti un po’ matti, hanno uno strano rapporto con
i petardi….. lo abbiamo già sperimentato la notte di Natale a Livingston e
per questa sera temiamo il peggio…. Stare sulla terrazza ci permette di
ammirare comunque la vista di luci colorate che si innalzano da più punti della
città e di vedere anche lo zampillare della lava del vulcano Pacaya che di notte è davvero suggestivo….. cominciano a sparare
ben prima della mezzanotte, il rumore è assordante, il fumo dei petardi ben
presto soverchia l’intera città impedendo la vista…. Vincenzo va alla
ricerca disperata di qualcosa con cui brindare, ma non trova niente e così la
fine dell’anno arriva …..in silenzio…… un abbraccio, un bacio e poco
più….. andiamo anche noi alla ricerca di un locale aperto….. Vincenzo ci
dice di aver letto che in un certo posto fanno festa fino all’una, entriamo ma
oramai manca poco tempo, facciamo appena in tempo a bere un pessimo Cuba Libre e a fare quattro salti di Merengue, che ci indicano gentilmente la porta e spengono la musica….
Pare che, pur non volendo, siamo costretti a riparare a letto e forse non è
nemmeno male vista la levataccia che ci aspetta domani e intanto inizia a
piovigginare. È il primo giorno del 2003 e ci alziamo presto, il pullman parte
alle 7.00. Arriviamo alla fermata e abbiamo una sorpresa: al posto del bus di
prima classe troviamo un mitico chicken-
bus.
Qualche turista si lamenta e dice di avere pagato per un servizio di lusso e
il guidatore risponde che è il primo dell’anno e se va bene c’è questo, se
no si può partire domani! Tanto noi volevamo provare anche questa esperienza e
quindi…... Piove a tratti e fa abbastanza freddo, l’autista è un pazzo
scatenato che effettua sorpassi azzardatissimi quanto inutili. Spesso, dopo aver
fatto un sorpasso interminabile, si ferma per fare scendere qualcuno e così il
bus che avevamo appena superato passa nuovamente davanti, e si ricomincia. Si
viaggia rigorosamente con la porta aperta anche se fa un freddo cane, chiedo di
chiuderla e mi viene risposto di sì, ma resterà sempre aperta. La strada è
tortuosa e piena di saliscendi e la velocità con cui procediamo è altissima,
salgono e scendono frotte di persone per percorsi più o meno lunghi e con
tariffa che sembra andare a simpatia, piuttosto che a percorrenza. Dopo più di
tre ore cominciamo ad intravedere il lago di Atitlan, il tempo è migliorato, il cielo è sereno
e sotto di noi si staglia un panorama mozzafiato, un lago di montagna
contornato da vulcani……
Arriviamo
a Panajachel che sono circa le 11.30,
un distinto signore guatemalteco si alza dal suo posto e mentre scende dice ad
alta voce che se siamo arrivati è grazie a un “milagro
de Dios”. Ci avviamo verso il lago percorrendo Calle
Santander alla ricerca del nostro hotel che abbiamo prenotato al telefono da
Antigua. Finalmente arriviamo e troviamo l’Hospedaje
Sueño Real. È un posto veramente carino, pulito e confortevole, la nostra
camera (200 Q con bagno) è splendida, sembra di nuova costruzione o appena
ristrutturata, c’è anche una bella terrazza da cui si vede il lago con il suo
panorama che non si riesce a smettere di ammirare; questa volta prenotare al
buio non ci ha riservato brutte sorprese. Dopo una bella doccia ristoratrice
usciamo a fare un giro e decidiamo di impiegare il pomeriggio andando a Santiago
Atitlan. Prendiamo il battello e facciamo la traversata del lago in circa 40
minuti. Arrivati a destinazione ci accorgiamo quasi subito che il posto, al
contrario di ciò che dice la guida, non vale la pena. La via principale è un
susseguirsi di negozietti di artigianato e una volta terminata si giunge nella
zona centrale del villaggio dove c’è la chiesa e un mercato. C’è molta
sporcizia e odore di escrementi e urina! Torniamo indietro
all’imbarcadero e aspettiamo il battello per Pana visto che oggi è mezza
festa e ci dicono che non si riesce ad andare a San Pedro. Facciamo un giro per
il paese che ci sembra proprio carino e molto vivibile, ci sono molti
alberghetti e ristorantini. Mangiamo qualcosa in un bar e prenotiamo il minibus
per Chichicastenango per domani (50 Q a testa).
La sera ceniamo abbondantemente, anche se non molto di qualità, in un
carino ristorante della via principale e, dopo una passeggiata, andiamo a
dormire. Questa mattina (2/1) andiamo al famoso mercato di
Chichicastenango;
il minibus viene a prenderci alle 8.00 direttamente all’hotel e, dopo avere
caricato altri turisti tra cui la coppia di Livingston, in un’oretta di
saliscendi e curve, ci porta a destinazione. Durante il tragitto parliamo un
po’ con Mabel e Massimiliano, in realtà noi non ci ricordavamo di averli già
visti, ma loro evidentemente sì. Ci dicono di essere fidanzati in procinto di
sposarsi e che sono a zonzo per il Centroamerica da tempo, dopo essersi
licenziati entrambi da posti fissi… che pazzi….però un po’ li invidiamo.
Per prima cosa andiamo in banca a cambiare un
po’
di dollari (cambio 7.65 Q per 1 USD) anche perché a Monica “prudono” le
mani e credo che dovrò tenerla un po’ a freno, se no si compra tutto il
mercato! Comunque la cassa la tengo io! Cominciamo a gironzolare per il mercato,è
un’esplosione di colori e di odori, ci sono tessuti, vestiti ricamati a mano,
maschere di legno ed oggetti di artigianato in legno intagliato, oggetti in
pelle, collane, braccialetti, il tutto in centinaia di bancarelle artigianali in
legno e teloni di plastica; nella parte centrale ci sono anche venditori di roba
da mangiare e di abbigliamento tradizionale indio. Il tutto è posizionato tra
le due chiese del paese da cui arrivano zaffate di incenso che mi provocano una
serie di starnuti. Qui contrattare è la prassi e il prezzo finale è meno della
metà del prezzo proposto alla partenza. Ci sono anche molti bambini, bimbe
soprattutto, che ti attorniano e cercano con garbo e senza troppa insistenza di
venderti piccoli oggetti, se compri da uno poi gli altri vorrebbero che
comprassi anche da loro. Ci fermiamo ad una bancarella e contrattiamo due
maschere di legno che ci piacciono, ma la vecchina non cede di molto e ci
allontaniamo. Compriamo molte cose per i genitori e gli amici in Italia e
qualcosa per noi e per la nostra casa. Nel pomeriggio torniamo a vedere le
maschere, ora il prezzo di partenza è salito, ma riusciamo a portarlo a meno di
quello dove ci eravamo arenati in mattinata. Prima di tornare al bus ci
rifocilliamo con una bella limonata in un ristorante e poi ripartiamo per Pana.
Arrivati a destinazione ci sediamo nel tranquillo e carino Deli
Restaurante per uno spuntino, c’è un bellissimo giardino pieno di fiori e
vediamo anche un colibrì succhiare il nettare da un fiore della passione. Ci
ricordiamo di dovere riconfermare il volo di ritorno e così cerco di telefonare
all’Iberia da una cabina, ma non rispondono. Sono costretto ad andare in
un’agenzia dove mi spiegano che bisogna lasciare squillare a lungo il telefono
e, dopo diverse telefonate a vuoto, riesco a parlare con la compagnia. Questa
sera c’è molto vento e ceniamo al La
Terraza Tapas Bar, un ristorante molto carino dove mangiamo molto bene per
200 Q. La notte non è molto tranquilla, a parte il vento che soffia forte,
veniamo svegliati verso le 2.00 da una combriccola di ragazzi guatemaltechi che
fa un chiasso infernale sulla terrazza. Monica esce dalla stanza e li
rimprovera, quelli entrano in camera ma non smettono e la loro stanza è proprio
di fianco alla nostra. Dopo poco Monica esce dalla stanza e fa irruzione in
quella a fianco urlando inferocita in italiano, loro rispondono “desculpen”
e devono averla vista davvero nera perché poi non sentiamo più volare una
mosca! La mattina (3/1) facciamo colazione al Deli e poi andiamo in lancia a
vedere San Pedro la Laguna, il
villaggio dei “fricchettoni” che si trova sull’altra sponda del lago.
Anche oggi c’è moltissimo vento, anche se il tempo è bello e splende un sole
caldo, man mano che avanziamo sul lago ci viene meno il riparo delle montagne e
ci sono onde molto alte, ci ripariamo dagli spruzzi con un telone di plastica e
il lanchero diminuisce di molto la velocità. La lancia speriamo sia solida e
resista, in compenso il conducente mi sembra molto esperto e non abbiamo grossi
problemi. Il villaggio è poca cosa anche se sembra meglio di Santiago. C’è
qualche hotel e ristorante, gironzoliamo un po’ passeggiando e vediamo molti
posti dove puliscono e mettono ad asciugare il caffè. Dopo un paio d’ore
facciamo ritorno a Pana, aspettiamo una lancia coperta visto che il vento non è
calato e le onde sono molto alte. Ci rifocilliamo al mitico Sunset
Cafe da dove si gode una
splendida vista
sul
lago e poi gironzoliamo ancora un po’ per Pana per le ultime spese e andiamo
in una banca per cambiare gli ultimi dollari (cambio 7.60 Q per 1 USD), abbiamo
fatto i conti e speriamo che questi 50 $ siano sufficienti. Prenotiamo dal
proprietario dell’hotel il transfert per Guatemala City (20 USD a testa) per
domani e poi andiamo a cena al Sunset. La cena non vale il locale, non spendiamo
molto (120 Q), ma il mangiare è poco saporito e la Piña
Colada sa solo di ananas. È la nostra ultima sera in Guatemala e siamo un
po’ dispiaciuti, ci piacerebbe restare ancora qualche giorno per vedere ancora
un po’ di cose come ad esempio le rovine di Copàn in Honduras e la costa del
Pacifico (Monterrico) ma purtroppo in nostri giorni di ferie non ce lo
consentono. Siamo stati veramente bene in questo splendido Paese, abbiamo
trovato la gente molto disponibile e gentile e il viaggio è stato più facile
del previsto soprattutto per ciò che riguarda il capitolo trasporti. Non
abbiamo mai avuto sensazioni di pericolo, anche se la guida e i racconti letti
su Internet non facevano emergere un panorama molto tranquillizzante del
Guatemala. Oggi si parte (4/1), dopo una abbondante colazione al Deli facciamo
l’ultima passeggiata sul lungolago e prepariamo i bagagli, dobbiamo sistemare
tutte le cose che abbiamo comprato a Chichi e le mie bottiglie di birra.
Partiamo con il minibus alle 13.00 e, dopo essere passati da Antigua a lasciare
e caricare altre persone, arriviamo all’aeroporto alle 16.30. Con gli ultimi
Quetzal ci compriamo delle brioche, siamo sazi ma non abbiamo più valuta
locale, né dollari, se non i travel. Facciamo il check-in (dove ci aprono e
perquisiscono a mano tutto il bagaglio) e paghiamo i 30 USD a testa (che furto!)
di tassa di uscita dal Guatemala. Ci informano che l’aereo sembra essere in
ritardo di 2 ore, che sfiga! L’aeroporto non è per niente confortevole oltre
ad essere veramente obsoleto (c’è moltissimo legno… alla faccia delle
misure antincendio) e l’attesa si fa lunga, continua ad arrivare un sacco di
gente locale che deve partire, ma del nostro aereo neanche l’ombra. Non ci
danno informazioni (non esistono i monitor elettronici in questo aeroporto)
neanche quando ci dirigiamo al gate. Ci sono altri turisti in attesa del volo
per Miami e tutti si lamentano. Sono le 20.00 e visto che la partenza prevista
è per le 21.00 cominciamo a preoccuparci. Alle 20.45 chiedo agli addetti che mi
rispondono che l’aereo sta arrivando e la partenza è confermata. Alle 21.05
finalmente arriva il nostro aereo e, cosa incredibile, poco dopo avere fatto
scendere i passeggeri in arrivo da Miami ci imbarchiamo e partiamo con solo 2
ore e un quarto di ritardo. A Miami facciamo la stessa procedura tediosa quanto
inutile, per gli asfissianti controlli passaporti, dell’andata. Poi, con circa
un’ora e un quarto di ritardo, ci imbarchiamo su un Airbus 340 per Madrid. Il
volo è buono e troviamo questo tipo di aereo più confortevole e silenzioso del
747. Il comandante ci informa che, grazie a venti in quota, recupereremo quasi
tutto il ritardo. Arriviamo a Madrid (piove e fa freddo) in ritardo di poco e ci
dirigiamo verso il nostro piccolo aereo che ci porterà a Nizza. Sul monitor il
volo è annunciato con un ritardo di un’ora, poco dopo le ore salgono a due,
che stress. Ci sediamo per fare passare il tempo e sentiamo dall’altoparlante
che il volo per Nizza imbarca. Quasi non ci crediamo ma è proprio vero, si
parte con solo 15 minuti di ritardo! Arriviamo a Nizza che è già buio, fa
freddo, il tepore del Guatemala è già un ricordo. Aspettiamo i bagagli che
arrivano entrambi e ci dirigiamo all'uscita dove veniamo placcati da
un’addetta della dogana che ci fa qualche domanda in francese; rispondendole
rigorosamente in italiano ce ne andiamo a pagare il parcheggio (62 € per 2
settimane con sconto dell’agenzia!) e a recuperare la nostra macchina per
tornare a casa.